Macron secondo Carrère


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«Quando si vuole portare un Paese da qualche parte, bisogna avanzare a tutti i costi, non bisogna cedere, non bisogna cadere nelle abitudini e, en même temps, allo stesso tempo, bisogna avere la volontà di ascoltare. Ascoltare le persone significa accettare la loro parte di rabbia e di sofferenza, che è spesso qualcosa di irriducibile. Non sono qui per promettere la felicità ma posso riconoscere questa parte irriducibile, questa singolarità di ogni vita: è il solo modo per rispettarle». 

E ora che è al potere, penso: «Sarebbe bello che ce la facesse». Ma che cosa vorrebbe dire “farcela”? Che entra nella storia? Che trasforma la Francia? Che ne fa un Paese di start-up dove ognuno può essere imprenditore di se stesso, e la sola legge che conta è l’efficienza? E che dopo rifonda l’Europa — perché a un certo punto la Francia gli parrà troppo piccola per lui? Tutto ciò è possibile. O meglio: non impossibile. È anche possibile che impazzisca — c’è sempre questo rischio quando tanto potere ti piomba addosso così velocemente. O, semplicemente, è possibile che fallisca, che si unisca alla galleria di uomini politici ambiziosi che hanno cercato la terza via, sono caduti sul principio di realtà e hanno finito per governare come chiunque altro. Questa è la sua grande paura, credo, quella che gli fa dire: «Se non trasformerò radicalmente la Francia, sarà peggio di non aver fatto nulla». 

da un lungo interessante articolo di Emmanuel Carrère per il Guardian, pubblicato in italiano sul magazine IL de il Sole24ore

 

 

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